Cgia, 23,6 milioni occupati ma tasso più basso nell'Eurozona
I tempi indeterminati sono l'84%, salari inferiori alla media Ue
Nel 2023 la platea degli occupati in Italia ha toccato i 23,6 milioni di unità, 471mila in più rispetto al periodo pre-Covid, di cui 213mila nel Mezzogiorno, ripartizione geografica che ha registrato l'incremento percentuale più elevato del Paese (+3,5%). Le previsioni, inoltre, dicono che lo stock complessivo degli occupati è destinato a crescere ulteriormente, sfiorando i 24 milioni di addetti entro il 2025. La stima è dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia). Sempre l'anno scorso è stata raggiunta un'incidenza dell'84% di coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato (15,57 milioni su 18,54) sul totale dei lavoratori dipendenti. Confrontato con lo stesso dato del periodo pre-pandemico, l'aumento è stato di 742mila unità (+5%). Il numero dei lavoratori altamente specializzati/qualificati è aumentato nell'ultimo anno del 5,8% (+464 mila), pari al 96,5% dei nuovi posti creati nel 2023; rispetto al 2019 la variazione rimane positiva (+2,3%), ma più contenuta rispetto all'anno precedente (+192mila) con una incidenza del 40,7% sui nuovi posti creati nell'ultimo quadriennio. Nonostante risultati così importanti, permangono ancora delle criticità che fatichiamo a superare. La principale rimane il basso tasso di occupazione: tra i 20 Paesi dell'Eurozona, l'Italia è fanalino di coda con un 61,5%, contro una media dell'Eurozona del 70,1%. I lavoratori autonomi rispetto al 2019 sono scesi di 223mila unità (-4,2%), nonostante nell'ultimo anno ci sia stato un leggero segnale di ripresa con +62mila unità (+1,3%). Contiamo infine su livelli retributivi mediamente più bassi degli altri Paesi dell'Ue, a causa di un livello di produttività del lavoro molto basso, di un tasso dei Neet elevatissimo e di un tasso occupazionale relativo alle donne più contenuto di tutta Europa.
(K.Müller--BBZ)